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domenica 30 settembre 2012

Le radici del Flamenco: la Jota di Cadice


Alcuni studiosi affermano che a Cadice, nel 1808, si cominciò a cantare a una Jota, di derivazione aragonese, che avrebbe originato il Flamenco.
Sarebbe quasi certo che il processo di trasformazione della Jota di Cadice in Flamenco vero e proprio iniziò verso la metà del XIX secolo; da questa Jota primitiva, nata proprio durante la guerra napoleonica che portò alla sconfitta delle truppe francesi, con il passare del tempo e con l’influenza della cultura gitana, ebraica ed araba, scaturirebbe il canto della cosiddetta Alegría, vivace e veloce per il ballo, più sobria per il solo canto, ma non prima del 1875.
Altri studiosi di Flamenco affermano, invece, che la progressiva trasformazione della Jota di Cadice fino a diventare Flamenco puro si realizzò passando attraverso il ritmo della cosiddetta soleá, nata intorno al 1850 a Siviglia, nel quartiere di Triana, culla del Flamenco. La soleá viene considerata la madre del canto Flamenco, espressione di sentimenti profondi.

Ponte di Triana da Calle Betis
Questa, infatti, è un Cante Jondo, cioè un canto antico e profondo: è come un’energia interna che percorre colui che, con esigui movimenti, la interpreta, ma non si libera di essa fino in fondo, è come un “vulcano” interiore che non riesce ad eruttare.
Mi sorge però un dubbio: come si poteva cantare a Cadice, già nel 1808, una Jota che non era ancora quasi conosciuta neppure nella stessa Saragozza, dove cominciò a godere del suo massimo splendore solo più tardi, durante il XIX secolo? Difficile rispondere senza compiere una ricerca approfondita sull’argomento. A me, però, piace pensare che, effettivamente, la Jota aragonese abbia influito su quella di Cadice e, quindi, seppur indirettamente, partecipato alla gestazione del Flamenco, riunendo in un abbraccio culturale tutta la penisola Iberica, da nord a sud.

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