Alcuni studiosi affermano che a
Cadice, nel 1808, si cominciò a cantare a una Jota, di derivazione aragonese, che avrebbe originato il Flamenco.
Sarebbe quasi
certo che il processo di trasformazione della Jota di Cadice in Flamenco
vero e proprio iniziò verso la metà del XIX secolo; da questa Jota primitiva, nata proprio durante la
guerra napoleonica che portò alla sconfitta delle truppe francesi, con il
passare del tempo e con l’influenza della cultura gitana, ebraica ed araba, scaturirebbe
il canto della cosiddetta Alegría, vivace
e veloce per il ballo, più sobria per il solo canto, ma non prima del 1875.
Altri studiosi
di Flamenco affermano, invece, che
la progressiva trasformazione della Jota
di Cadice fino a diventare Flamenco
puro si realizzò passando attraverso il ritmo della cosiddetta soleá, nata intorno al 1850 a Siviglia,
nel quartiere di Triana, culla del Flamenco. La soleá viene considerata la madre del canto Flamenco,
espressione di sentimenti profondi.
Ponte di Triana da Calle Betis |
Questa, infatti,
è un Cante Jondo, cioè un canto antico
e profondo: è come un’energia interna che percorre colui che, con esigui
movimenti, la interpreta, ma non si libera di essa fino in fondo, è come un
“vulcano” interiore che non riesce ad eruttare.
Mi sorge però un
dubbio: come si poteva cantare a Cadice, già nel 1808, una Jota che non era ancora quasi conosciuta neppure nella stessa
Saragozza, dove cominciò a godere del suo massimo splendore solo più tardi, durante
il XIX secolo? Difficile rispondere senza compiere una ricerca approfondita
sull’argomento. A me, però, piace pensare che, effettivamente, la Jota aragonese abbia influito su quella
di Cadice e, quindi, seppur indirettamente, partecipato alla gestazione del Flamenco, riunendo in un abbraccio
culturale tutta la penisola Iberica, da nord a sud.
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