Pagine

mercoledì 7 novembre 2012

Le origini della danza spagnola



L’origine della danza spagnola risale alle prime testimonianze degli intrattenimenti danzati in Spagna riferiti alle feste di corte dei califfi arabi e ad alcuni spettacoli teatrali dell’epoca dei Re Cattolici (1474-1504).
Tuttavia, è solo nel corso del XVI secolo che si svilupparono vere e proprie danze di corte dalla struttura definita come la sarabanda, la ciaccona e le danze liturgiche (los seises), tuttora eseguite nella Cattedrale di Siviglia.
Nello stesso periodo i balli popolari, largamente impiegati in spettacoli campagnoli e processioni, esercitarono una grande influenza su tutte le altre forme di danza e, tra la fine del secolo XVI e l’inizio del XVII secolo, le danze spagnole cominciarono a diventare di moda anche tra i maestri europei e nei balli aristocratici di tutto il continente.
Nel XVIII secolo il bolero dominò incontrastato il panorama dei balli spagnoli di società per tutto il secolo successivo affascinando molte grandi ballerine (Carlotta Grisi e Maria Taglioni per fare due nomi, ma anche anche interpreti non italiani quale Fanny Elssler).
La passione per il ballo spagnolo aveva però contagiato i coreografi europei già da tempo: si erano ispirati al fandango, o ad altre danze, artisti come Charles Didelot, Gasparo Angiolini e Salvatore Viganò.
Tra i grandi ballerini che rinnovano questo panorama nel corso del Novecento spicca la ballerina spagnola di origine argentina Antonia Mercè, detta La Argentina, che sintetizzò il ballo flamenco, il folclore e la scuola bolera utilizzando le musiche dei massimi compositori spagnoli (Granados, De Falla, Albéniz ecc.). Accanto a lei vanno ricordati Pilar López, Mariemma, Vincente Escudero, Antonio Ruiz e José Greco. Negli ultimi decenni del Novecento è riesplosa la moda del flamenco. A dominare i palcoscenici di tutto il mondo sono soprattutto grandi personalità maschili, primi fra tutti Antonio Gades e Joaquín Cortés.

martedì 9 ottobre 2012

Le origini della Jota: il fandango



Martínez Torner, musicologo, compositore e concertista del secolo scorso, affermò che le origini della jota sarebbero intrinsecamente legate al Fandango
Il Fandango è una danza realizzata in cerchio oppure a coppie poste in fila, uomini da un lato, donne dall’altro, accompagnata con nacchere e chitarra, a volte anche cantata. Il suo ritmo, i versi ottonari e l’uso delle nacchere evidenziano uno stretto legame con la jota.
Riguardo l'origine del fandango sono state fatte diverse supposizioni: alcuni studiosi parlano di una probabile origine araba. Altri affermano che sarebbe di origine delle Indie Occidentali o latino-americana. Molti scrittori romantici ne videro l’origine in un antico ballo sensuale dell’antica Grecia conosciuto come cordax, danza dionisiaca a contenuto prevalentemente satirico volgare ed orgiastico. Di origine ionio-asiatica, era caratterizzata da un forte dinamismo nei movimenti vivaci e voluttuosi dei danzatori, che a volte portavano anche a manifestare forme di violenza. Per questi motivi fu considerata oscena e, successivamente, venne riformata.
Giovenale fa invece riferimento, nelle sue opere, allo “schioccare” tipico delle nacchere che, nella loro precoce espressione greca, erano usate come cimbali per le dita.
La popolarità del fandango come danza di esibizione si ebbe alla fine del XVIII secolo, quando era già diventato di moda nella classe aristocratica non solo in Spagna, ma anche in altri Paesi d’Europa



domenica 7 ottobre 2012

Jota: bene di interesse culturale immateriale Aragonese


Un comitato consultivo di 15 esperti si è riunito qualche giorno a fa a Saragozza per compiere un passo in avanti verso l’elaborazione di una dichiarazione ufficiale, grazie alla quale la Jota diventerà, spero presto, bene di interesse culturale immateriale Aragonese.
La riunione si è svolta presso la sala Hermanos Bayeu dell’ edificio Pignatelli ed è stata presieduta dal Ministro della Pubblica Istruzione, Università, Cultura e Sport, Dolores Serrat. Ad essa ha partecipato anche il Direttore Generale dei Beni Culturali, Javier Callizo.
Serrat ha affermato che la jota va oltre il folklore: essa rappresenta anche il sentimento di appartenenza degli aragonesi alla loro comunità, cultura e storia, nonché fonte di ispirazione anche per altre arti, come la pittura, la letteratura e il cinema. L’obiettivo della riunione della scorsa settimana è stato quello di mantenere viva la jota, affinché non vada dimenticata nel corso del tempo, ma sia trasmessa anche alle future generazioni.
La jota, infatti, suscita forti sentimenti di identità culturale negli aragonesi che vivono nella loro terra ma anche, anzi forse soprattutto, in quelli che vivono fuori da questa regione, poiché gli Aragonesi sono fortemente legati alla loro comunità. Diciamo pure, senza timore di esagerare, che la jota rappresenta il loro autentico orgoglio. 

Giovani ballerini di Jota

sabato 6 ottobre 2012

Teruel: la leggenda degli amanti


Una delle storie d’amore più affascinanti ed emozionanti che ho imparato durante la mia permanenza in Spagna è quella degli amanti di Teruel.
La leggenda narra che, nei primi anni del XIII secolo, nella città di Teruel vivevano due giovani, Juan de Marcilla e Isabel de Segura, che si innamorarono follemente l’uno dell’altra. Purtroppo, però, non accettato dalla famiglia di Isabel per la sua povertà, Juan decise di partire per la guerra per 5 anni, per garantire un futuro migliore alla sua amata.
Al suo ritorno a Teruel, tuttavia, Juan trovò ad attenderlo una bruttissima sorpresa. Isabel era già stata data in sposa ad un ricco nobile. Ma Juan non si diede per vinto e, nonostante il suo dolore, riuscì ugualmente ad incontrare la sua amata, chiedendole un bacio. Ma Isabel, che pure lo amava, seppe resistere alla tentazione e glielo negò. Il povero Juan, disperato, morì dalla sofferenza d’amore.
Durante il funerale di Juan, una donna vestita a lutto si avvicinò al defunto. Era Isabel che voleva dare a Juan il bacio negatogli mentre era ancora vivo. Appena la giovane poggiò le sue labbra su quelle dell’amato, morì a sua volta, straziata dal rimorso.
Qualche secolo più tardi, nel 1555 furono scoperte le mummie dei due amanti. Un importante notaio dell’epoca testimoniò il ritrovamento di un antico documento in cui si raccontava la storia di Juan de Marcilla e Isabel de Segura.
Impressionato nel profondo dell’animo da questa vicenda, lo scultore Juan de Avalos scolpì le statue dei due giovani sotto cui giacciono le mummie degli Amanti di Teruel, visitabili in un Mausoleo a loro dedicato.

Tomba degli amanti di Teruel

giovedì 4 ottobre 2012

Pilar: interno, esterno e curiosità

L'architettura del tempio è passata, nel corso dei secoli, attraverso trasformazioni stilistiche e ampliamenti (romanico, gotico, fino all'attuale barocco). L'opera attuale, iniziata nel 1681 da Francisco de Herrera, si presenta agli occhi dei visitatori con una forma imponente. Effettivamente la sua maestosità spicca sul fiume Ebro e sulla Piazza antistante che porta poi alla Calle Alfonso.

L'immensa basilica si presenta come un esercizio di stili: cupolone centrale, quattro campanili angolari e dieci bellissime cupole policrome minori. 

Una delle cupole policrome
L'enorme interno è a tre navate su piloni quadrati, con ampie volte e cupole decorate da affreschi di A. Gonzales Velazquez, R. Bayeu e dal giovane Goya. Nella parte centrale dell'edificio è racchiusa la Santa Cappella, un tempietto a pianta elittica, trasformata nel 1765 da Ventura Rodriguez: è il centro del Pilar in cui si trova l’icona della Madonna. Lì troverete sempre tantissimi fedeli in preghiera, di ogni nazionalità. La Madonna del Pilar è una statua lignea nera, alta solo 39 cm, manufatto del XV secolo attribuito a Juan de la Huerta. È contornata da una splendida corona di raggi dorati e fu incoronata, il 20 maggio 1905, con una corona tempestata da circa 10.000 pietre preziose. La Madonna tiene in braccio il Bambino. È posta sopra una colonna in alabastro, ed è custodita in un astuccio di bronzo e argento, avvolta da un mantello innalzato fino ai piedi della statua della Vergine. Il mantello viene cambiato periodicamente a seconda dei tempi liturgici e delle circostanze. Si dice che se prima di entrare nella Basilica riesci ad indovinare, con il pensiero, il colore del manto della Madonna, si realizzerà uno dei tuoi desideri. 

Madonna del Pilar di Saragozza
All’interno è presente anche un Museo Pilarista che conserva oggetti legati al culto della Vergine omonima. Qui potete trovare qualcosa che gli abitanti di Saragozza, credenti e non, possiedono nella propria auto, appeso allo specchietto anteriore interno: la cinta de la Virgen. Essa è un nastro, di vari colori, che viene considerato come una forma di protezione della Madonna. Con una piccola offerta lo potete regalare alle persone a cui volete bene affinché la Madonna li protegga. È importante che venga regalato ad un’altra persona, non si può comprare per sé stessi.

Il giorno in cui si festeggia la Madonna del Pilar, Patrona della Spagna, è il 12 ottobre, giorno in cui si ricorda anche la scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo: secondo la tradizione nello stesso momento in cui Colombo posava il primo piede sul suolo americano, alcune monache stavano cantando e pregando davanti alla Madonna del Pilar per il buon esito della spedizione. Fu forse per questa circostanze che nel 1958, la festa della Madonna del Pilar fu dichiarata festa della "Hispanidad", cioè della Spagna e di tutte le nazioni di lingua e cultura spagnola.



Basilica del Pilar: la storia




Il monumento religioso per eccellenza di Saragozza è la basilica-cattedrale del Pilar (che in italiano significa 'pilastro'), il più importante Santuario Mariano del mondo, sorto sulla piccola cappella edificata da S. Giacomo, secondo la tradizione, nel luogo in cui la Madonna sarebbe apparsa in carne e ossa, nel 40 d.c.
La tradizione racconta che la SS. Vergine, che viveva a Gerusalemme a quel tempo, prima della sua Assunzione al cielo, fu trasportata a Saragozza da alcuni Angeli ed apparve a Santiago Apostolo ( patrono di Spagna) e ai suoi  discepoli, che  si trovavano sulle rive dell'Ebro per cercare di convertire il popolo al messaggio evangelico, ma la gente sembrava non comprendere e assimilare ciò che loro predicavano. La Vergine portò loro il messaggio di Gesù e disse agli Angeli di collocare il Pilar, che lei aveva portato con sé, con sopra la Sua Santa immagine, in quello stesso luogo, dicendo a Giacomo che avrebbe dovuto edificarvi un Tempio.

Goya, Apparizione della Madonna del Pilar a Santiago ed i suoi discepoli

 San Giacomo si prostrò a terra con profonda venerazione e promise di fare ciò che la Madonna aveva detto. Gli Angeli riportarono Maria a Gerusalemme nel medesimo modo in cui l'avevano portata li. Uno di essi, per comando divino, restò a custodia del Santo luogo, dal quale cominciarono a compiersi miracoli per il popolo aragonese, di cui si conserva documentazione.
Il pilastro rimase in quel medesimo sito come testimonio della visita della Madonna e come prova della Sua protezione su tutto il territorio nazionale.