L’origine della danza spagnola risale alle prime
testimonianze degli intrattenimenti danzati in Spagna riferiti alle feste di
corte dei califfi arabi e ad alcuni spettacoli teatrali dell’epoca dei Re
Cattolici (1474-1504).
Tuttavia, è solo
nel corso del XVI secolo che si svilupparono vere e proprie danze di corte
dalla struttura definita come la sarabanda, la ciaccona e le danze liturgiche
(los seises), tuttora eseguite nella Cattedrale di Siviglia.
Nello stesso
periodo i balli popolari, largamente impiegati in spettacoli campagnoli e
processioni, esercitarono una grande influenza su tutte le altre forme di danza e, tra la fine del secolo XVI e
l’inizio del XVII secolo, le danze spagnole cominciarono a diventare di moda
anche tra i maestri europei e nei balli aristocratici di tutto il continente.
Nel XVIII secolo
il bolero dominò incontrastato il panorama dei balli spagnoli di società per
tutto il secolo successivo affascinando molte grandi ballerine (Carlotta
Grisi e Maria Taglioni per fare due nomi, ma anche
anche interpreti non italiani quale Fanny Elssler).
La passione per
il ballo spagnolo aveva però contagiato i coreografi europei già da tempo: si
erano ispirati al fandango, o ad altre danze, artisti come Charles Didelot,
Gasparo Angiolini e Salvatore Viganò.
Tra i grandi ballerini che rinnovano
questo panorama nel corso del Novecento spicca la ballerina spagnola di origine
argentina Antonia Mercè, detta La Argentina, che sintetizzò il ballo flamenco,
il folclore e la scuola bolera utilizzando le musiche dei massimi compositori
spagnoli (Granados, De Falla, Albéniz ecc.). Accanto a lei vanno ricordati
Pilar López, Mariemma, Vincente Escudero, Antonio Ruiz e José Greco. Negli
ultimi decenni del Novecento è riesplosa la moda del flamenco. A dominare i
palcoscenici di tutto il mondo sono soprattutto grandi personalità maschili,
primi fra tutti Antonio Gades e Joaquín Cortés.
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